L’insostenibile leggerezza dell’essere macchina #1

| Redazione VITA |

Intro

“Le macchine mi colgono di sorpresa con grande frequenza.” 

Alan Mathison Turing

A contemplare la storia dell’Intelligenza Artificiale con sguardo limpido, ripercorrendone astrazioni, provocazioni, cadute e resurrezioni, non si può resistere al suo grandissimo potere immaginifico

Intelligenza Artificiale è un termine paradossale, irragionevole e contraddittorio. La Macchina in grado di pensare, ma ancor più di sentire, provare emozioni, è oggetto di culto della cultura pop da quasi cento anni.

La sua storia nasce dall’articolo del genio della matematica che a 29 anni decodifica la Macchina Enigma, usata dai  tedeschi per trasmettere messaggi in codice durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alan Mathison Turing, classe 1912, studi a Cambridge e Princeton, omosessuale dichiarato quando ancora in Inghilterra è illegale l’omosessualità, condannato per indecenza grave e costretto alla castrazione chimica, suicida nel 1954 con una mela avvelenata, morto davanti al suo computer. 

Nel suo articolo del 1950 Alan Turing pone la prima essenziale domanda per definire la nuova scienza, che è anche una tecnica, che investe vaste aree di domini diversi, dalla filosofia alla psicologia, dalla logica all’informatica fino alle neuroscienze: “Can machines think?”

Questo breve saggio intende indagare la natura e la definizione dell’intelligenza nella Macchina, l’Intelligenza Artificiale, dalle origini ad oggi, senza predizioni per il futuro.  

Questo perchè penso che oggi sia particolarmente importante, per uno sviluppo armonioso di questa scienza, definire in modo chiaro il suo scopo principale. L’intelligenza Artificiale nasce con la promessa dichiarata di sviluppare delle Macchine con intelligenza paragonabile a quella umana. Questo concetto si biforca  ben presto in Intelligenza Artificiale Forte e Debole,  dando vita ad un dialogo aperto che ha trasformato in pochissimi anni i concetti stessi di umanità, di intelligenza e di conoscenza. 

Perché la definizione di Intelligenza Artificiale è così sfuggente?

Abbiamo raggiunto l’obiettivo di costruire Macchine intelligenti?

E perché gli obiettivi per definire la Macchina Intelligente si spostano continuamente?

L’intelligenza Artificiale è una contaminazione di frontiera, immaginata quando ancora il termine informatica non esisteva e i computer occupavano le dimensioni di una stanza, con capacità di memoria e di calcolo molto limitate.

Dalle immagini visionarie di alcune menti brillanti si è sviluppata all’interno delle Università, si è accostata allo sviluppo di tecnologie militari, è scomparsa per alcuni anni, proseguendo il suo cammino sottotraccia, parallela alla nascita e allo sviluppo della rete mondiale del World Wide Web, poi in anni recenti, grazie alla massiccia esplosione della Data Economy è tornata con nuovi e potenti strumenti ed è entrata nella quotidianità di milioni di persone.

Trasformandola, senza il nostro espresso consenso. 

Cosa è oggi l’Intelligenza Artificiale?

Dietro la splendente superficie al silicio delle promesse pubblicitarie di DeepMind, di Google, di Apple e di tutti i colossi dell’informatica, dobbiamo provvedere noi stessi ad una demistificazione di questa scienza e della sua particella elementare, l’algoritmo

Per quanto critica rispetto alla dinamica in atto, questa è una dichiarazione d’intenti nei confronti della Macchina, incredibile invenzione umana, che trascende alcune nostre qualità e ne ignora altre inimitabili, poiché accade che nel rifletterci nelle nostre creazioni, ritroviamo quell’impulso fantastico che delinea la nostra specie. 

Prendendo le mosse dall’Imitation Game di Turing attraverseremo la storia dell’Intelligenza Artificiale negli interstizi in cui è possibile una riappropriazione dell’essenza dell’umano all’interno del non biologico, cercando soprattutto di superare lo storytelling della Silicon Valley, culla delle tecnologie digitali che incarna lo strapotere economico della nostra epoca.

Luogo di una frenesia innovatrice che intende definire ogni aspetto della nostra esistenza per ricavi di aziende private, mentre dichiara incessantemente di agire per il bene dell’umanità.

“I nuovi focolai di utopie, decisi a reinventare il futuro, incarnano l’eterna giovinezza del capitalismo e forniscono al mondo una cura anti età, proponendo un modello economico fondato su “collaborazione”, “agilità”, “apporto creativo di ciascuno” e facendo balenare la promessa di risorse economiche inesauribili.” (Sadin, 2018).

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