Roma, 24 apr. – “Da oltre un anno e mezzo non siedo più in Parlamento, ma continuo a ricevere richieste di aiuto da donne, e dai loro figli, che rischiano quotidianamente di essere separati con la scusa del rapporto egualitario con entrambi i genitori.
Sempre e comunque.
E, nel caso di Frida, i giudici di Venezia continuano a sostenere un rapporto obbligato tra una figlia e un padre, divenuto tale attraverso un riconoscimento tardivo e senza prova del DNA, che per la stessa bambina è un estraneo.
Tra questi giudici vi è la stessa magistrata che ad ottobre 2023, durante un’altra udienza, sempre per lo stesso procedimento, venne accusata di aver dichiarato “la Convenzione di Istanbul non è in vigore'”.
Così in una nota stampa Veronica Giannone, candidata per VITA, che nella passata legislatura si impegnò molto per le mamme e i bambini e contro l’alienazione parentale commenta la decisione del Tribunale di Venezia sul caso di mamma Frida.
La donna “accusata da una perizia di essere madre alienante, (costrutto a-scientifico non riconosciuto né in termini legali, né scientifici, tantomeno giuridici) quando la figlia aveva appena 18 mesi- prosegue nella nota Giannone- continua a chiedere che la stessa possa essere ascoltata, ma il tribunale non ritiene fondata la richiesta materna.
Anzi dispone la collocazione extrafamiliare diurna, l’iscrizione obbligatoria a scuola seppur la bambina ha sempre svolto istruzione parentale come previsto dalla nostra costituzione, ed ha superato gli esami necessari, dispone che i Servizi Sociali affidatari organizzino le visite padre, e il pagamento di migliaia di Euro anche e addirittura per spese di lite nei riguardi della curatrice.
Autorizza, in ultimo, l’uso della forza pubblica e/o ufficiale sanitario per l’attuazione di quanto disposto. Uomini e donne in divisa, spesso armati, autorizzati a portare via la bambina contro la sua volontà, con la forza.
Questo è ciò che sta accadendo. Di nuovo”, denuncia. “Contro ogni logica, contro il rispetto delle libertà individuali, contro le leggi a tutela delle vittime e dei minorenni”, aggiunge Giannone.
“Ci troviamo di fronte l’ennesima violenza nei confronti di una donna che da sola ha portato avanti una gravidanza e ha cresciuto, sempre da sola, una bambina sana e serena, e di fronte la peggiore delle violenze, quella contro una bambina che non è più libera di vivere la sua vita, a causa della tutela dell’interesse del padre, a causa della bigenitorialità imposta, a causa dell’egoismo dell’adulto che è fondamento, purtroppo, della società in cui viviamo, adultocentrica e disinteressata al sentire e al vivere dei bambini e degli adolescenti.
Valutare le decisioni di un solo genitore come prioritarie, senza peraltro tenere conto dei desideri della minore- prosegue Giannone- genererebbe un processo disregolativo che andrebbe ad incidere sui processi personali di crescita emotiva della bambina, dei quali, chi decide in sede di giustizia, si dovrà comunque ritenere responsabile.
Il compito della legge è quello di generare adulti disfunzionali e calpestare i diritti fondamentali della persona e i legami funzionali già acquisiti tra la madre e la bambina?
Fino a dove può arrivare il ‘giudizio’ di un tribunale?
Se non è questa vittimizzazione secondaria, allora cos’è?
Se non è questa violenza istituzionale, allora cos’è?”.
Giannone conclude: “Auspico pertanto che il Ministero della Giustizia, attraverso il suo potere ispettivo conferito ai funzionari dell’ufficio incaricato, avvii un’indagine al più presto, a tutela di questa donna rivittimizzata e della sua bambina. Il rapporto materno è la base dei rapporti umani di ogni individuo“.