1 maggio festa del lavoro

LAVORO

| Redazione VITA |

di Sabrina Aguiari e Domenico D’Amico

Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, che non giovi a un nobile scopo. (Adriano Olivetti)

Il lavoro: quello che non c’è, soprattutto per le donne, che oltre ad averne di meno, vengono pagate di meno, con meno diritti, con meno prospettive.
Il lavoro che la Costituzione dice essere il fondamento della Repubblica italiana, e invece è sempre più elemosina da chiedere, concessione di padroni stranieri, che impongono regole e non diritti, che regolano il passo sul parametro del profitto proprio e non della retribuzione adeguata a supportare le esistenze coinvolte.

Cosa festeggiare quindi oggi?

Chi lavora nonostante tutto: chi ogni mattina si alza, e ancora una volta prende servizio e mette in gioco tutto se stesso non per quella misera paga, ma perché sa che qualcuno ha bisogno di lei, di lui.
Chi accudisce le persone a noi care, chi ci fa passare un pranzo in serenità, chi ci fa un sorriso dopo un turno massacrante, chi fa i turni di notte, chi rinnova la propria forza e attenzione nel lavoro anche pensando al beneficio che la sua opera genera verso altre persone, anche sconosciute.

Un grazie collettivo e reciproco.

Ma cosa diciamo a chi il lavoro lo vorrebbe, cosa possiamo fare perché nessuna debba chiedere ciò che gli spetta di diritto?

Raccogliamo le energie e lottiamo.

Esigiamo che chi fa politica protegga il diritto al lavoro, persegua gli interessi e il benessere di chi il lavoro lo apporta, di chi si autoorganizza, di chi mette con equità I propri mezzi a disposizione di economie virtuose capaci di generare benessere innanzitutto localmente, migliorando anche da un punto di vista ambientale I territori su cui si radicano.
Partecipiamo alla politica anche per difendere la dignità del lavoro come opera.
Usciamo dall’ipnosi in cui il liberismo ci ha tratti, inducendoci a disprezzare la politica con dei mantra preconfezionati e a sentirla a noi estranea e irrimediabilmente collusa.
Rivendichiamo la nostra presenza nei luoghi dove si decide della vita di tutti, mettiamoci il lavoro che serve per cambiare I rappresentanti e le istituzioni che non operano per il vantaggio dei tanti.

Già da domani dobbiamo lottare ancora, sorvegliare le mosse dei grandi padroni, più o meno nascosti, che fanno quello che vogliono di tutti noi.

Lottiamo perché il lavoro sia realizzazione libera dei propri talenti, senza sofferenza, ma invece gioia di essere bravi, di fare cose grandi e di essere utili alla comunità.
Perché sia libera scelta.
Perché garantisca alle nostre vite e a quelle di chi ci è vicino di esistere e svilupparsi.
Ciò che dovrebbe essere.
Ciò che vogliamo che sia, nel mondo che il nostro lavoro contribuisce a costruire ogni giorno.

Ti è piaciuto l’articolo? Condivilo sui social

Autore dell’articolo