Alla faccia del sesso debole!

Prosegue il racconto di Mirella Santamato sulle trappole invisibili che ci impediscono di amare.
Se sei rimasto/a indietro  leggi qui il primo articolo, a questo link trovi invece il secondo e qui puoi leggere la terza partela quarta parte; quinta; sesta; e settima parte del racconto di Mirella Santamato.

Vittima di questa “trappola invisibile” è la donna bella, perché accusata di adoperare le proprie forme per irretire i poveri maschi, come vittima è la donna fertile, perché il suo unico valore era(ed è tuttora in molti casi)  essere una “fattrice” e un contenitore per il seme maschile da portare a frutto (“Frutto del ventre tuo”). Infine vittima è anche la donna sterile, poiché la sua incapacità a procreare la faceva considerare da tutti una sorta di handicappata, completamente inutile.

Tutte queste proiezioni sono maschili, ma le donne le hanno introiettate talmente bene da crederci loro per prime. Se così non fosse stato, la trappola non sarebbe scattata.

Siccome alle donne era concesso dire solo “ho mal di testa” (ma mai “non ne ho voglia”), loro lo dicevano spesso, molto spesso, talmente spesso che gli uomini ne hanno dedotto… che le donne fossero il sesso debole!

Questo testimonia i guasti spaventosi che il silenzio, l’accettazione passiva, e la conseguente, ancor più disastrosa incomunicabilità, crea. E i muri d’incomprensione si innalzano sempre più. Sfido io, con tutte le malattie gravi e meno gravi che, in continuazione, erano costrette ad inventarsi, non c’era veramente da meravigliarsi che gli uomini le considerassero troppo fragili per vivere.

Eppure è strano come questi stessi esseri, quando non considerate aristocraticamente malaticce e moribonde, potessero continuare il duro lavoro dei campi, dall’alba al tramonto, con un figlio in pancia e un figlio neonato sulla schiena! Alla faccia del sesso debole!

Che la donna abbia sempre svolto lavori pesantissimi, e per tutta la vita, non ha mai neanche sfiorato con un dubbio i fautori della supremazia maschile.

Ma non è stato mai possibile fare paragoni attendibili, visto che non è possibile per un uomo quantificare quanta “fatica” sia portare avanti una gravidanza, partorire e nutrire un figlio piccolo. Comunque tutti sanno che un feto prematuro di sesso femminile ha circa il 10% di possibilità in più di sopravvivenza rispetto ad un feto dell’altro sesso nelle stesse condizioni. Del fatto, poi, che la donna, nonostante tutto, viva mediamente una decina di anni in più rispetto agli uomini è cosa arcinota. Penso che la Natura abbia operato con saggezza, anche se da poveri mortali ne ignoriamo il motivo profondo.

Eppure moltissime donne si percepiscono ancora come “deboli e fragili”, come vogliono gli uomini, e si comportano di conseguenza. Credo che lo facciano per una sorta di comodità, portata dalla paura di perdere la protezione di un uomo. Quindi si costringono ad avere solo a disposizione delle malattie per poter governare la propria vita (e, ahimè, quella degli altri). Questo rende il pensiero della malattia costante, e alla fine, non c’è da meravigliarsi che il corpo si ammali sul serio. Diventano davvero deboli e malaticce. Un pensiero focalizzato a lungo, molto a lungo, crea la realtà.

I concetti che seguono vogliono essere solo un suggerimento diverso per leggere i messaggi corporei, non certo un’indicazione medica o scientifica, ma scopo di questo lavoro è proprio quello di fare vedere le cose anche da punti di vista considerati, almeno finora, poco ortodossi.

Secondo me, il passaggio da “ho il mal di testa” a “ho il cancro” è più breve di quel che si pensa. Il continuo negare a sè stesse di esprimere i propri desideri e il continuo disprezzo per le proprie opinioni e virtuali decisioni, crea un atteggiamento favorevole all’insorgere di molte patologie, a lungo andare anche molto gravi, come, per esempio, il tumore o l’anoressia. Il negare la propria vita, la propria creatività, la propria volontà porta alla morte, più o meno lenta e dolorosa.

Secondo quest’ottica, quindi, anche il fenomeno dell’anoressia femminile e del suo opposto, la bulimia, ha le stesse origini, ma ha una diversa collocazione nel tempo.

Infatti queste due patologie hanno una collocazione recente, nell’immediato dopoguerra. Come mai? Come mai proprio da quegli anni in avanti, si diffondono quasi esclusivamente nelle donne giovani? La risposta è evidente: perché proprio in quegli anni si comincia a togliere il coperchio del Vaso di Pandora.

La condizione femminile passa da una totale “condanna a vita ai lavori forzati” al servizio di un maschio, ad una “condanna sub condicio”, cioè cominciano ad aprirsi spiragli nelle mura compatte della prigione.

E questo crea destabilizzazione. La tradizione, pur durissima, era “comoda”.

Se una nasceva donna, era già tutto definito alla nascita: posto sempre subordinato, obbedienza servile, occupazione rivolta alla gestione della casa, nascita dei figli e completa dedizione ad essi ed al marito. Punto e basta. Chiaro fino all’accecamento.

Chi veniva provvista dalla natura di un carattere potente, forte e determinato doveva solo nasconderlo, cioè operare dietro le quinte, attraverso un uomo manipolabile e debole e diventare esperta della perversione del doppio gioco. In fondo i ruoli, in un caso o nell’altro, erano semplici e lineari, anche se aberranti. Ma quando le cose hanno cominciato a cambiare, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, alcune ragazze si sono trovate ad un bivio. Dove si trova la verità?

La donna ha cominciato sempre più spesso a sentirsi destabilizzata nel gestire un potere sulla propria vita che non conosce, e che nessuno conosceva, visto che nessuno ha mai ipotizzato nel passato (neanche lei stessa), che la donna fosse in grado di pensare con la propria testa. Senza terreno alle spalle, si trovava nella totale incapacità a pensare il proprio corpo in positivo e non solo come “contenitore” o “mera giustificazione per le proprie incapacità”.

Ed ora, che fare?

…to be continued

(Brano liberamente tratto dal libro “LA TRAPPOLA INVISIBILE “e “QUANDO TROIA ERA SOLO UNA CITTÀ” della stessa autrice- per acquisto libri e inserimento nel mailing list: www.mirellasantamato.net)