Dalle antiche civiltà matriarcali al diritto paterno
Prosegue il racconto di Mirella Santamato sulle trappole invisibili che ci impediscono di amare.
Se sei rimasto/a indietro leggi qui il primo articolo, a questo link trovi invece il secondo e qui puoi leggere la terza parte e la quarta parte del racconto di Mirella Santamato.
Il grande storico e studioso Bachofen (1815-1887) studiò per primo le antiche civiltà matriarcali, suscitando un enorme interesse per queste tematiche nel suo tempo. La prima conferma di questi passaggi storici li abbiamo nella letteratura greca classica, prima vera Civiltà fondata sul Maschile.
Infatti, per esempio, nella rappresentazione dell’Oreste di Eschilo, viene chiarificata in forma teatrale il passaggio drammatico dalle forme di diritto materno (ormai agonizzanti) a quelle, ormai vincitrici, del diritto paterno.
Engels riporta le tesi già espresse dal suddetto studioso, dicendo testualmente nel suo trattato “L’origine della famiglia, della proprietà privata, e dello stato”:
“… Clitennestra, spinta all’amore per l’amante Egisto, uccide il marito Agamennone. Oreste, figlio di Clitennestra e di Agamennone, uccide la madre per vendicare il padre. Per questo viene perseguitato dalle Erinni, che sono Dee del diritto materno. Il matricidio, quindi, e non il parricidio, era considerato il delitto più odioso.”
Oreste è stato incoraggiato al delitto da Apollo, il bel Dio protettore del Maschile. Davanti al tribunale degli Dei si svolge il processo, dove si alternano le ragioni delle Erinni (visione matrilineare) e di Apollo (visione patrilineare). Grazie al voto finale di Atena, giudice supremo, Oreste verrà prosciolto.
Il matricidio non rappresenterà più il delitto più grave, perché viene giustificato dagli Dei “della nuova generazione” che mettono la vendetta del padre superiore alla colpa di assassinio, anche di quello della madre. Atena, dea femminile in abiti guerreschi, è quella che dà il verdetto finale.
Anche le donne si schierano dalla parte del maschile, tradendo le proprie origini. L’annichilimento è cominciato.
La Grecia classica, conforme sia alla precedente civiltà egiziana sia agli antichi concetti patriarcali ebraici, completerà, per quanto riguarda la nostra cultura almeno, l’ascesa del maschile e decreterà la morte definitiva del femminile.
Con l’avvento della proprietà privata la donna viene umiliata e diventa mera merce di scambio : un oggetto e neanche dei più preziosi. Viene sempre più allontanata dalla propria Divinità, relegata a ruoli subalterni, impossibilitata ad accedere alla cultura e, di conseguenza, il maschio greco dovrà spesso accoppiarsi con altri maschi per ritrovare un essere umano di pari cultura e raffinatezza.
Ormai l’amore viene inteso come una qualità maschile, da condividere tra maschi evoluti ed aristocratici, mentre la donna diventa sempre più mero contenitore del prezioso seme maschile.
La donna diventa mezzo di dominio e di proprietà dell’uomo. Non esiste più come individuo, come essere, ma è solo corpo, equiparata agli schiavi, e venduta direttamente dal padre (padrone vecchio) al marito (padrone nuovo).
Se così non fosse stato, almeno da un certo punto di vista, sarebbe stato assurdo il famoso binomio greco eros e thanatos, cioè sesso e morte, concepiti come le due facce della stessa medaglia. Il sesso non è preposto a creare la vita, almeno quella biologica?
Solo chi affronta l’amore da una parte sola (maschile), senza avere minimamente coscienza dell’altra parte (femminile) si troverà davanti ovviamente il buio, il nulla. La morte, appunto, ovvero la sterilità. Se l’uomo greco, invece, avesse avuto conoscenza del femminile, avesse amato la donna, e le avesse permesso di accedere ai suoi livelli di cultura, avrebbe accettato e capito che essa porta alla Vita, alla Creazione.
Il famoso detto avrebbe suonato in questo modo: eros e bios.
Ma i greci, almeno i più raffinati, erano lontani da questa conoscenza e dovevano ricorrere ad amori omosessuali per poter avere un partner sufficientemente evoluto e colto con cui dialogare alla pari. Per quanto ricco dal punto di vista emozionale e sentimentale, il rapporto omosessuale era comunque sterile, non solo, ovviamente, dal punto di vista fisico, ma anche come conoscenza della parte mancante, quella femminile, appunto.
Dall’altra parte, cioè sul versante femminile abbiamo, sempre in Grecia, la risposta opposta, cioè gli amori Saffici, ma che, tristemente, confermano quanto sopra detto, cioè che neanche le poche donne intelligenti e raffinate potevano conoscere la loro parte mancante, cioè quella maschile.
Questo testimonia solo la drammatica situazione delle donne comuni, tenute nell’ignoranza più grave e trattate con la stessa considerazione che si dà alle bestie, anche se a volte era loro permesso farsi agghindare come cagnolini da salotto, il che conferma quanto detto sopra. O bestie da soma, o bestie da riproduzione, o, se giovani e belle, bestie da mostra.
Comunque sempre e solo bestie, anche se rivestite d’oro.
Questa visione alienata e distorta si è protratta e rinforzata a tal punto nei millenni, che ancora ci troviamo impastoiati nelle sue spire, come vedremo più avanti.
Uno dei più grossi contributi a questo modo di pensare, che ha costruito la base di tutta la nostra cultura europea, è stato dato, come ho detto prima, anche dalla forte tradizione ebraico-cristiana, che si è andata a connettere al grosso fiume della tradizione greco-latina. Queste due immense correnti si sono unite, creando la vastità del mare d’idee malate che ci trascinano ancora oggi nei loro vortici viziosi
A proposito della connessione ebraico-cristiana, torniamo per un attimo alla Genesi. Eravamo rimasti al punto in cui Eva stava dando la mela ad Adamo, e, abbiamo detto, non poteva succedere diversamente. Tutti gli Adami del mondo hanno un bel dire, ma così è, che piaccia o meno. Non è né merito della donna, né demerito. È semplicemente stata creata così, con un corpo capace di portare la vita dentro. Punto e basta.
Ora seguiamo passo passo i nostri due protagonisti. E poi, che succede?
Adamo mangia la mela (ovvero conosce la fica) che Eva gli dà. Cioè attraverso Eva Adamo può accedere anche lui alla Conoscenza della Vita completa, alla parte mancante di sé.
Ricordiamo che fin qui va tutto bene; i nostri due personaggi sono ancora nel Paradiso Terrestre, e tutto prosegue per il meglio. Dunque, seguiamo la scena: Adamo mangia la mela e capisce anche lui. Solo in questo momento scatta il disastro.
Adamo, inebriato dal potere di aver finalmente “capito” (grazie al dono di Eva), se la tiene e non dà la conoscenza di Sé alla sua compagna! Cioè non accetta più di scambiare il frutto della propria anima (cioè la conoscenza del maschile) con Eva, con reciproco e scambievole amore, com’era stato preordinato, ma, in un delirio di onnipotenza, decide di arrogarsi il sommo potere tutto da solo.
A questo punto, cioè quando Adamo interrompe il ciclo cosmico d’amore che avrebbe dovuto rifluire tra lui e la sua partner in eterno, ricreando ogni volta benessere e felicità, il cosiddetto Dio si infuria e li scaccia entrambi da Paradiso.
La cacciata dal Paradiso altro non è che l’interruzione dell’amore, e questo lo sanno benissimo tutte le persone che hanno sofferto per amore.
Penso che questa dolorosa esperienza appartenga all’umanità tutta, nessuno escluso.
L’amore, per esistere, ha bisogno di fluire forte e leggero da un cuore all’altro, in perpetuo scambio. Ma l’Uomo, ovvero la parte di umanità di sesso maschile, in quell’antico tempo, ha scelto la sopraffazione, il dominio, il potere sovrano sulla sua compagna e l’ha costretta, e la costringe ancora, sentirsi in qualche modo inferiore a lui. In Adamo si compendiano i concetti maschili e patriarcali che si sono tramandati nei millenni, e che ora stiamo riesaminando.
Primariamente è stato bloccato il ciclo cosmico, che era d’amore, ed è stato trasformato in dominio. Questo è il vero Peccato che tutta l’umanità sta ancora scontando. Il vero peccato è, quindi, un delirio d’orgoglio e di supremazia.
Con inveterata furbizia, Adamo inizia a sottrarre ad Eva la propria consapevolezza.
Eva, per secoli e secoli non ha più saputo di essere divina anche lei, pari a lui, e si è sentita una nullità, cadendo nella trappola. Cancellata completamente la Dea Madre, è stato fatto posto solo ad un Dio Padre, dominatore assoluto del Cielo e della Terra.
Annullandosi, la donna ha avvallato l’odioso meccanismo, poiché è impossibile amare un nulla, un essere che non si considera neanche più un essere umano. Quindi il flusso amoroso si è interrotto da entrambe le parti: il circuito è andato in tilt.
Questa non è certo la sede, e lo ripeto, di esegesi bibliche o di disquisizioni filosofiche. Nessuno, neanche i più rigorosi studiosi delle Sacre Scritture, sapranno mai che cosa sia realmente successo nel Paradiso Terrestre, sempre che ce ne sia stato fisicamente uno. Quello che esiste, ed esiste da sempre, è il pensiero su questi fatti. È ciò che noi pensiamo che è rilevante, in quanto soggetti influenzabili dai propri pensieri.
Quello che a me preme puntualizzare, quindi, è ciò che questi antichi archetipi ancora oggi creano nelle nostre menti di uomini e donne occidentali e, presumibilmente, colti ed evoluti.
Fuor di metafora, è indubbio che quando si interrompe il flusso d’amore tra noi e il nostro partner, tra noi e gli altri, tra noi e il Divino, si precipita nell’Inferno. C.V.D.
Appunto, come volevasi dimostrare. È la catastrofe.
To be continued…
Mirella Santamato
(Brano liberamente tratto dal libro “LA TRAPPOLA INVISIBILE “e “QUANDO TROIA ERA SOLO