Dall’audizione del gennaio 2023 (che potete leggere interamente a questo link) alla Camera dei deputati della Repubblica, XIII Commissione Permanente “Agricoltura” del Comandante del Comando Carabinieri Tutela Forestale e dei Parchi, Gen. D. Nazario PALMIERI veniamo a conoscenza che “L’ultimo Inventario nazionale delle foreste (INFC 2015) certifica il progressivo aumento della superficie forestale del nostro Paese che si attesta intorno agli 11 milioni di ettari (11.054.458 Ha), pari al 36.7% del territorio nazionale, con un incremento di oltre mezzo milione di ettari (586.925 ha) rispetto al precedente inventario del 2005.
In Italia le superfici forestali sono in prevalenza di proprietà privata (63.5%) e di tipo individuale mentre i boschi pubblici sono in prevalenza di proprietà comunale o provinciale.
Sul 37.4% della superficie a bosco, non si registra alcun intervento di natura selvicolturale.
Le pratiche selvicolturali più diffuse (41.4% della superficie a bosco) sono di tipo minimale, cioè si interviene solo con il “taglio produttivo”.
L’azione che il Comando Carabinieri Tutela Forestale e dei Parchi vuole adottare, in materia di manutenzione del patrimonio forestale presuppone “la visione di un nuovo sistema forestale,
sotto il profilo culturale e politico, che veda la manutenzione del territorio forestale e montano come elemento imprescindibile per prevenire i fenomeni di dissesto idrogeologico. Occorre decisamente contrastare l’ecologismo dell’abbandono e promuovere una selvicoltura attiva, efficiente, oscillante e mediata tra i parametri economici ed ecologici.“
Parole adatte alle diverse interpretazioni, ma siamo ormai abituati a riconoscere evidenti opacità dietro ai concetti di progresso, efficienza e parametri economici. Come sempre, tentiamo di andare oltre la mera propaganda e di analizzare a fondo il problema. Gli alberi ci riguardano, conoscere il mondo delle foreste, della biodiversità e della cura e del rispetto della natura ci insegna a diventare custodi di questo immenso patrimonio che esiste al di là di noi e con noi, la terra.
Bloccano il cosiddetto progresso, quello della creazione continua di bisogni e tutta l’organizzazione
industriale per soddisfarli.
Per fare ciò hanno creato una potente propaganda che vive nelle istituzioni, nelle università, nelle comunità ed è sempre attiva a rappresentare gli alberi come nemici dello sviluppo umano nel pianeta.
Il colpo finale da veri maestri della politica più spietata è inserire il legno tra le risorse rinnovabili del pianeta.
Ora gli alberi devono dare il loro contributo anche energetico, bruciare interi nelle centrali a biomasse per procurare una misera porzione di energia elettrica.
La selvicoltura industriale spinge per trasformare in cedui tutte le vecchie fustaie, la parola d’ordine è alberi troppo invecchiati, boschi sporchi e pericolosi per gli incendi e il dissesto idrogeologico.
Si parla tanto di conservazione della biodiversità dimenticando che solo il passare del tempo e la stabilità ecologica creano la possibilità di evoluzione di ogni biodiversità originaria o primordiale.
Gli alberi possono vivere migliaia di anni ma per gli umani dominanti basta vedere una giovani fustaia di poche decine di anni per dichiarare un grave pericolo di invecchiamento e un grave pregiudizio alla multifunzionalità del bosco, basta questo per dichiarare un processo di abbandono pericoloso.
Troppi errori negli ultimi decenni sono stati fatti nel finanziare interventi degradativi del patrimonio forestale, come l’apertura di strade e l’estrazione di biomasse incentivate con soldi pubblici.
Le foreste italiane servono integre per uno sviluppo sostenibile ed EU e Italia devono progettare un nuovo futuro per i nostri boschi senza ceduazioni.
La selvicoltura di carattere interventista non è circolare perché impatta l’integrità ecosistemica, così come ogni estrazione di risorse naturali non può essere considerata ad impatto neutro.
Le foreste naturali ossia lasciate alla propria evoluzione spontanea sono la migliore soluzione per conservare la biodiversità e mitigare i cambiamenti climatici, questo dice la scienza, la selvicoltura serve a fornire prodotti richiesti dal mercato, ma impatta più o meno a seconda della tecnica il funzionamento dell’ecosistema forestale rendendolo quindi vulnerabile ai cambiamenti globali in atto.
Questa nuova visione della gestione forestale in cui le foreste vengono lasciate alla dinamica naturale si chiama rewilding o proforestazione. Solo in casi ben documentati si può ricorrere al restauro forestale che risponde a logiche differenti di quelle selvicolturali.
Gli umani dissidenti devono agire, abbracciare gli alberi e creare una nuova realtà condivisa, una rete di pensiero urgente per contrastare il delirio delle esigenze del corpo sopra tutti i valori e i diritti naturali di tutte le creature.
Autore dell’articolo
Laureato in economia, specializzato in economia ambientale, è attivista ambientale in difesa del patrimonio boschivo forestale.
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