LA DEA ORSA, ARTIO
Presso gli antichi Celti era molto sentito il culto degli orsi e soprattutto della femmina di questo imponente animale. Infatti l’orsa era considerata sacra e le sue caratteristiche venivano attribuite ad una dea di nome “Artio”.
Questa dea veniva rappresentata o come una donna coperta dalla pelle di un orso o come una fanciulla bellissima seguita sempre da una grande orsa. Questa iconografia si riallaccia a molte dee venerate nell’area mediterranea, tra cui spicca Artemide, appellativo diffuso in tutto il sud Europa, soprattutto in Grecia. Artemide è uno dei tanti aspetti della Dea Madre più ancestrale, non ancora accompagnata ad un Dio Maschio, ma spesso rappresentata insieme a vari animali, tra cui il cervo e spesso l’orso.
Di queste antiche Dee ora sappiamo un po’ di più, grazie a tanti studi recenti che hanno riportato questa importante verità alla nostra conoscenza.
Il suffisso “Art” che accomuna le due Divintà, pur lontane geograficamente, significa proprio “Orso” nell’antico gallico e non è un caso che anche in greco la parola “àrtkos” indichi lo stesso grosso animale.
Questa figura, declinata sempre al femminile, aveva evidentemente tanto colpito l’immaginario dei nostri antenati che non è un caso se una delle più importanti costellazioni dei nostri cieli sia stata proprio dedicata a lei, la grande Orsa Maggiore.
L’Orsa Maggiore (in latino Ursa Major) è una costellazione tipica dei cieli boreali. Le sue sette stelle più luminose, raggruppate nella famosa figura del Grande Carro sono visibili per tutto l’anno nell’emisfero nord, cioè nelle nostre aree mediterranee e non tramontano mai a nord del 41°N.
Questo gruppo di stelle è noto fin dai tempi più remoti e le storie che ad esso si legano sono le più svariate: il riferimento all’asterismo come un orso (le quattro stelle orientali) inseguito da tre cacciatori (le tre di coda) è probabilmente il più antico mito a cui l’umanità faccia ancora riferimento.
“Septem triones” (i sette buoi) è il termine con cui gli antichi Latini definivano le sette stelle dell’Orsa Maggiore e ne avevano descritto il loro lento movimento attorno alla Stella Polare. Da questo termine latino deriva l’origine della parola italiana “settentrione”, cioè nord.
Nella vicina costellazione del Bootes, vi è la stella più luminosa del nostro cielo, Arturo, detto anche “il guardiano dell’Orsa”. Chiamata scientificamente Alfa Bootis, è una stella gigante rossa ed la stella più luminosa della costellazione del Boötes (il pastore). E’ situata a 37 anni luce dalla Terra ed è tra le stelle più luminose che si possono vedere dal nostro pianeta. Rimane inconfondibile nelle notti primaverili.
Nella mitologia greca, la stella Arturo (o tutta la costellazione di Boötes ) fu posta in cielo da Zeus
per proteggere la vicina costellazione Callisto (Orsa Maggiore) dalla gelosia di Era.
Secondo il mito, Callisto era figlia di Licaone (o di Nitteo) nonché madre di Arcade (avuto da Zeus), eroe eponimo dell’Arcadia che insegnò ai suoi sudditi l’agricoltura e l’arte di tessere la lana. Callisto era una ninfa dell’Arcadia e compagna favorita di Artemide o Diana, la dea della caccia e regina del regno animale. Come vedete, tutti i miti si ricollegano uno all’altro, creando una intricata storia simbolica e archetipica.
Si narrava quindi che Zeus, sempre alla ricerca di giovani dee avvenenti, per avvicinarla, assunse le sembianze di Artemide, e la sedusse. Callisto rimase incinta. Da questo fatto avvenne la sua trasformazione in Orsa
Infatti Callisto aveva cercato in tutti i modi di nascondere la gravidanza sino a quando la vera Artemide, accaldata, propose a tutte le sue accompagnatrici di bagnarsi nude in un ruscello. La gravidanza non era più nascondibile e questo fatto fece infuriare la Dea e quindi meditò la sua vendetta. Artemide scacciò la malcapitata dal suo seguito ed Era, moglie di Zeus, divorata dalla gelosia, la tramutò in orsa. Qualche tempo dopo il figlio di Callisto, Arcade, divenuto cacciatore, incontrò l’orsa che era sua madre. Mentre lei inconsapevole vagava per i boschi, lui cercò di trafiggerla con un dardo, ma Zeus intervenne per impedire il matricidio e tramutò anche Arcade in orso. Quindi pose i due tra le costellazioni: Callisto divenne l’Orsa Maggiore e suo figlio divenne l’Orsa minore.
I miti ci insegnano grandi storie e grandi eventi e credo non sia un caso se il suffisso “art” anche in altre lingue celtiche, ha formato parole simili, come art nell’ antico irlandese e arth nella lingua gallese che è ancora parlata oggigiorno.
Secondo alcuni studiosi, il nome del mitico Re Artù e il nome Arturo in generale, sarebbe collegato
proprio a questa parola e a questa divinità.
Ricordo, inoltre, che esiste una scultura in bronzo nei pressi della città svizzera di Berna (il cui nome nelle lingue nordiche significa orso, come il simile termine bear in inglese ) che mostra un grande orso, dietro al quale c’è un piccolo albero che sta di fronte a una donna seduta su un carro.
Quest’ultima sembra tenere sul grembo dei fiori e della frutta che servivano forse a sfamare l’animale e nella mano destra regge una tazza.
La scultura poggia su una grande base rettangolare in bronzo con una iscrizione dove si legge, in latino : “Deae Artioni/Licinia Sabinilla” il che significa “ Alla dea Artio (o Artionis), da parte di Licinia Sabinilla».
Evidentemente un omaggio alla Dea da parte di una matrona romana molto ricca e devota.
Nei secoli successivi il culto della Dea sparì a causa della massiccia e feroce repressione operatadalle religioni monoteistiche di stampo Patriarcale, ma ancora rimane nei nostri antichi ricordi ancestrali la forza e la bellezza delle grandi Dee del passato, che, ogni notte, quando il cielo è limpido, vengono ancora a visitarci con la luminosità delle stelle, pregandoci, ancora una volta, di non dimenticarle mai.
Immagine, particolare
Giovanni Antonio da Varese detto Il Vanosino
La volta celeste della sala del Mappamondo, Palazzo Farnese di Caprarola 1573-1575