La sacralità del femminile
Prosegue il racconto di Mirella Santamato sulle trappole invisibili che ci impediscono di amare.
Se sei rimasto/a indietro leggi qui il primo articolo, a questo link trovi invece il secondo e qui puoi leggere la terza parte del racconto di Mirella Santamato.
I popoli della Terra hanno anche perso la conoscenza dell’origine matrilineare di tutte le civiltà, anche se è un dato accertato ormai da tutti gli studiosi. Indubbiamente era così soprattutto nelle nostre terre mediterranee, compresa la terra Minoica, la terra d’Anatolia e la Mesopotamia. Fino all’avvento delle civiltà pre-elleniche, si era sviluppato il culto della Potnia, Madre Mediterranea, diventata poi Demetra nella successiva cultura greca.
La Dea era la rappresentazione della fecondità della Terra, e la donna era ritenuta simbolo concreto della fecondità della Natura. Nei più lontani tempi venivano adorate piccole statue di Dee grasse e con grandi mammelle piene di latte.
La donna era anche considerata simbolo di ricchezza e felicità.
Questo sentire non apparteneva solo alle nostre zone, ma a tutte le popolazioni che vivevano, e che tuttora vivono, a contatto con i ritmi naturali. A testimonianza di ciò, ricordo una delle più importanti civiltà sorte al di là dell’oceano e che, quindi, non poteva avere molti contatti con le nostre terre d’origine: parlo degli indiani Navajo.
La società Navajo era una società matrilineare, e la discendenza era tracciata esclusivamente per via materna. Mater certa, ricordano i latini (e non solo loro). L’unità sociale più importante era la famiglia estesa, che comprendeva le donne più anziane, i loro mariti, i figli non sposati e le figlie con i rispettivi mariti e figli non sposati. Ovviamente i figli maschi sposati appartenevano, di conseguenza, al clan della moglie.
Dalle culture Indiane d’America, passando alle culture Indiane dell’India, è bene sottolineare da parte di queste ultime, l’adorazione della Shakti, la dirompente energia femminile, ovvero la rappresentazione disegnata o scolpita di forme ovali inneggianti alla Yoni, cioè all’organo genitale femminile esterno.
Anche nel Tantra più antico, nel primo Induismo e in molte culture preistoriche di quelle regioni, queste bellissime forme oblunghe acquistano la sacralità di “mandala” elaboratissimi.
Marilia Albanese, nel suo saggio sul Tantrismo afferma testualmente: “La parte femminile del Dio Androgino è la Shakti, l’Energia Cosmica, il potere diversificante, la matrice delle polarità. L’Assoluto inqualificabile si fa qualificato, nel seno dell’Uno è già insito il Due. Nella dura ed esaltante ascesi yoga, il Dio metà Donna rappresenta l’ultima soglia, l’unione dei contrari, la ricomposizione dell’Unità. Il Linga (rappresentazione dell’organo maschile di Shiva) viene inserito nella Yoni e questa unione divina porta al di là del fenomenico, nel dominio dell’immanifesto, donde tutto proviene e tutto ritorna. È la scoperta del Sé, il ritorno al centro, all’axis mundi…”
Vago ricordo ancestrale di tutto questo e pallido simbolo rimasto nella nostra tradizione, che ha tentato, in tutti i modi, di uccidere la sacralità del femminile, di castrare la potenza della Dea rispetto al Dio, è simboleggiato dalla cripta delle nostre chiese, dove (guarda caso!) vengono custodite le reliquie più sacre. La cripta, rispetto alla grandiosità della chiesa esterna, è un luogo raccolto, chiuso, sotterraneo, che ricorda da vicino il luogo sacro, oscuro, buio e stretto che fa da supporto alla Vita stessa, cioè l’utero.
Anche dal punto di vista più strettamente biologico, è l’acqua, elemento femminile per eccellenza, che viene indicata come la matrice di tutte le forme di vita. Dall’acqua, dal liquido amniotico, hanno origine tutti gli esseri umani, me compresa. Non mi sembra di aver detto niente di originale.
I più colti mi diranno che i Culti ancestrali della Potnia Mediterranea o della Shakti indiana, e di tutti gli altri culti similari, sono avvenuti solo per il fatto che il maschio non aveva ancora capito, in quei lontani tempi, la sua compartecipazione alla fecondazione. Assisteva muto e impaurito all’avvenimento più divino a cui noi umani possiamo assistere, cioè alla nascita di una nuova creatura, e non gli restava altra scelta che adorare l’essere capace di tanto, la Donna appunto. Questo tipo di adorazione rimase viva fino a che, in qualche modo, lui rimase ignorante del vero processo di nascita. Non abbiamo dati storici sufficienti per affermare che questa squallida e triste affermazione sia vera. Sono comunque propensa a credere che non lo sia, per il semplice fatto che ancora oggigiorno esistono popoli viventi sul Pianeta con culture matrilineari che, ovviamente, sono a conoscenza di ogni passaggio della creazione umana.
Nonostante questa indubbia conoscenza continuano a ammirare, amare e a dare estrema considerazione alle donne.
Nelle nostre zone europee, invece, successe una catastrofe!
Dalle culture Kurgan del Nord ai misogini Ebrei, Graci e Latini per il Femminile Sacro non ci fu più scampo. Dal momento in cui Adamo, cioè il maschio, divenne consapevole che senza il proprio seme la Donna non poteva procreare, invece di amarla ancora di più, tolse ad Eva tutto il suo potere e la rese essere inferiore.
Altri testi parlano diffusamente dei fenomeni storici che dalla matrifocalità portarono al patriarcato che vige ancora adesso. Per chi volesse approfondire questo tema, consiglio la lettura del mio libro “Quando Troia era solo una città” (Prefazione di Mauro Biglino).
Si tratta di un’originale rilettura del testo omerico dell’Iliade, dove si mettono in luce “le cose non dette” piuttosto che quelle messe in primo piano. Si evidenzia ciò che c’era prima della più famosa Guerra della Storia, quella che fece da modello a tutte le guerre successive, fino ai giorni nostri.
Come quella antica Guerra fu vinta non per valore di armi, ma per inganno, così anche queste guerre più recenti sono state vinte e continuano ad essere vinte sempre per inganno. Lo stesso modello si ripete da millenni e ancora non lo abbiamo capito!
Partendo dalla ricerca delle vestigia della grande civiltà matrifocale che fa, a saper leggere tra le righe, ancora da sfondo a tutte le vicende degli eroi omerici, si sviluppa il repentino cambiamento di paradigma che cambierà la storia umana per sempre.
Quell’epoca pacifica e millenaria, definita dai poeti come “età dell’oro” stava lentamente morendo, mentre cominciava ad apparire il “nuovo” mondo, spietato e bellicoso, così come lo conosciamo oggi.
L’Iliade rappresenta, secondo me, lo spartiacque tra due modi di pensare la storia e l’umanità tutta.
Le donne e le dee stavano finendo di svolgere il loro ruolo primario, durato quindicimila anni, per lasciare il posto alla violenta predominanza maschile.
Le pagine del libro nascondono un mistero avvincente, che porterà il lettore a conoscere i passi più nascosti e segreti, che la Storia ufficiale ha volutamente dimenticato e omesso.
To be continued…
Mirella Santamato
(Brano liberamente tratto dal libro “LA TRAPPOLA INVISIBILE “e “QUANDO TROIA ERA SOLO UNA CITTÀ” della stessa autrice- www.mirellasantamato.net)