di Cinzia Valente
Premessa
Mi chiamo Cinzia Valente e sono l’ideatrice di Progettazione Aurea®, una tecnica che si occupa di realizzare strumenti pratici per comprendere e ricreare la Bellezza Universale.
In questo articolo circolare, ogni paragrafo è un settore connesso sia al precedente che al successivo, per giungere al cuore della questione rapporto Aureo attraverso le sue espansioni. Desidero, per la prima volta, attraversare alcune riflessioni oggi fondamentali.
Parleremo di Bellezza Universale, risonanza, linguaggio della Natura e simbiosi per comprendere il senso biologico, oltre che estetico, del progettare secondo semantica aurea. La parte matematica ha già un’ampia bibliografia, non c’è necessità di ripeterla.
Buona lettura.
Esistono almeno due tipi di bellezza, quella soggettiva, che dipende dal gusto, e quella universale, che pertiene alla risonanza.
La bellezza si può dire universale, o universalmente riconosciuta, se l’osservatore può entrarne in risonanza al di là della cultura, religione, luogo di nascita e dei propri canoni estetici.
La risonanza è un fenomeno complesso e affascinante, ancora ampiamente studiato.
L’esempio più immediato ce lo offre il diapason, quell’oggettino metallico che si usa per accordare gli strumenti musicali, che inizia a vibrare quando viene investito dalla nota su cui è tarato.
Tra una corda di chitarra e un diapason può avvenire il fenomeno della risonanza perché sono entrambi progettati per emettere la stessa nota.
Quando lo strumento non è ben accordato non si verifica il fenomeno, allora si interviene modificando la tensione della corda finché si ottiene il suono capace di vibrare in fase con il diapason. Due elementi sono in risonanza quando le loro vibrazioni (quella primaria e quella indotta) diventano indistinguibili l’una dall’altra.
Lo stesso principio può avvenire anche per noi esseri umani quando entriamo in risonanza con qualcosa progettata come noi. Possiamo avvertire un fenomeno di tipo energetico, percettivamente simile a ciò che definiamo empatia.
Il nostro organismo è un insieme di strumenti (organi, tessuti, apparati, cellule) che emettono vibrazioni specifiche, tendenzialmente in equilibrio armonico tra loro, come un’orchestra guidata da un bravo direttore.
Quando uno strumento perde la sua accordatura emette note stonate, destabilizzanti per l’intera orchestra. Mentre una chitarra ha bisogno di un’azione meccanica dall’esterno per tornare intonata, l’essere umano è in grado di calibrarsi in autonomia, grazie alla capacità di ritornare alla vibrazione originaria, tipica dell’essere vivente; già Pitagora se ne era accorto nei suoi esperimenti terapeutici musicali e oggi è il principio fondante di tutte le discipline energetico/frequenziali.
In un azzardo concettuale, possiamo immaginare che la Bellezza Universale sia composta da infiniti diapason capaci di condurre le frequenze corrette per accordare i nostri strumenti. In linea di principio. Dipende molto da quante note stonate influenzano la ricezione di quelle utili. Come vedremo, l’ambiente ha un impatto sempre fondamentale. È il filtro attraverso cui ci arrivano tutte le informazioni, fisiche ed energetiche. È l’orchestra che influenza maggiormente il nostro vivere.
La Bellezza Universale è l’espressione della logica estetica della Natura. Le forme e i colori degli organismi viventi si strutturano in funzione all’attività che necessitano compiere. Le orchidee, ad esempio, simulano l’aspetto del desiderio dell’insetto che devono attrarre, mostrando una bellezza estremamente utile.
Tutto ciò che è generato nell’ecosistema Terra è propedeutico all’ottenimento dell’efficienza di ogni sistema in relazione al suo contesto; una caratteristica ricorrente è l’utilizzo di una speciale grafia a più dimensioni, che vedremo risultare aurea.
Le cose create o modificate dall’essere umano, in modo proporzionale alla sua evoluzione, si sono invece sempre più scostate dai canoni armonici naturali, trasportandoci nel campo di una bellezza soggettiva; con implicazioni non solo estetiche.
La bellezza di un albero, di un fiore, di un animale in libertà è indiscutibilmente coinvolgente e ci attrae perché risuona con una parte del nostro essere biologici.
Con un semplice sguardo a 360° sulle cose che ci circondano, possiamo renderci conto che sono state create ignorando la logica delle forme nate in armonia con l’ecosistema. Al contrario, sono portatrici incolpevoli di disarmonie continue; interferiscono con la nostra musica, che invece di trovare ambienti euritmici in cui espandersi e con cui creare sane risonanze fortificanti, sbatte contro spigoli, materiali artificiali e configurazioni che restituiscono tutt’altro che coerenza.
Siamo costantemente attratti da ciò che agevola il processo di riaccordatura perché ci serve a mantenerci in equilibrio, contrastando l’effetto di ciò che ci investe con vibrazioni alterate.
Come dimostra l’epigenetica, in risposta a stimoli ambientali possono avvenire persino cambiamenti genetici. Qualsiasi essere vegetale, animale o umano, si modifica in base al luogo in cui è immerso.
L’habitat umano moderno è capace di isolarci in diversi modi (visivo, percettivo, energetico) dall’ambiente naturale. Nelle nostre case-scatola, non c’è modo di entrare in risonanza con la
musica riequilibrante del pianeta.
Il professor Paul Nogier (padre dell’Auricolomedicina) già negli anni settanta spiegava come fosse sufficiente una calza di nylon per bloccare il passaggio di quella che lui definiva energia polarizzata; fondamentale energia permeante e ricostituente dell’organismo Terra. Difficile immaginare che questa forza vitale possa penetrare attraverso i 5 cm di polistirolo del moderno cappotto termico.
L’elevata complessità del nostro “habitat”, sempre più artificiale, si sta dimostrando poco
compatibile con la biologia dell’ecosistema nel quale dovremmo prosperare.
Un ecosistema funzionale vive della cooperazione sinergica e simbiotica dei suoi elementi.
Vede abbondanza di risorse e non esiste spreco.
Non serve essere David Attenborough per renderci conto che non viviamo più in simbiosi con le altre specie e che consumiamo risorse senza essere in nessun modo utili (per esser gentili).
Noi civilizzati siamo una specie che non è più adatta alla vita. Siamo diventati dipendenti da tutti gli artifici che abbiamo inventato e, proprio perché siamo esseri adattivi, ci siamo abituati a vivere in cattività.
La tecnologia si è evoluta più in fretta della nostra biologia. Siamo incredibilmente simili, fisicamente, ai nostri antenati: non abbiamo un organo in più per smaltire la rabbia o per trasmutare un campo elettromagnetico.
Sovraccarichi di sollecitazioni lontane dalla logica della Vita ci siamo anche indeboliti fisicamente trasformandoci tendenzialmente in malati cronici, al contrario degli animali che vivono in uno stato selvaggio, che praticamente non si ammalano.
Un ecosistema incontaminato non manifesta malattie perché si auto mantiene in equilibrio.
Ogni costituente ha il suo ruolo che, guarda caso, coincide col suo motivo di esistenza. Tutti partecipano al mantenimento del sistema preservandone la sussistenza; e ciò che non è più funzionale cessa di esistere.
Nell’orchestra sinfonica della Terra, gli esseri umani fanno parte di un insieme di strumenti che ha perso il LA. Per dirla in termini più concreti e tristemente realistici: ci siamo trasformati in parassiti (illuso chi si considera padrone).
Nella foga evolutiva, sana per certi aspetti importanti, abbiamo tagliato dei legami fondamentali, rinunciando all’intelligenza biologica tipica degli altri abitanti terrestri.
Ad esempio, non siamo più in grado di riconoscere il nostro nutrimento. Qualunque altro essere vivente lo sa. Anche un’ameba, che è un organismo unicellulare, è perfettamente capace di andare verso il glucosio e allontanarsi dalle tossine. Non è affatto scontato come faccia a saperlo. Con che senso? È una cellula! (grazie Paolo Renati)
Probabilmente, ad un certo punto del processo evolutivo, abbiamo iniziato a perdere il senso profondo di appartenenza e a nutrire il senso personale di possesso.
Sentendoci padroni del pezzetto di spazio che avevamo delimitato, abbiamo cominciato a percepirci come isolabili.
Ci siamo via via auto auto-reclusi in gabbie più o meno dorate, come se fuori ci fosse qualcosa di cui aver paura.
Nell’esercizio di un incondizionato potere, legato a un volere senza coscienza, ci siamo arrogati il diritto di violentare la Natura nei modi che il progresso ci ha presentato, ignorando le conseguenze su scala sistemica.
Chiaramente non possiamo pensare di tornare a uno stato primitivo e rinunciare al benessere
a cui siamo giunti, ma possiamo guardare al futuro con un filtro biologico, cioè logico per la vita.
Un complesso organizzato e coerente come quello del vivente tende sempre a riportare l’equilibrio tra i suoi sistemi; cerca di ricreare armonia e ristabilire le sue funzioni originarie ed evolutive. Ne abbiamo un chiaro esempio ogni volta che ci tagliamo: epidermide, derma e connettivo si attivano immediatamente nella ricostruzione del tessuto leso, in uno scontato, ma per niente banale, processo rigenerativo.
Un campo che non viene più coltivato si riempie di erbe e fiori diversi così come una casa abbandonata sarà presto inglobata da una vegetazione selvaggia.
La Natura ripristina la trama energetica che concerne la vita attraverso la propria espansione e cerca di aumentare la biodiversità fino a ristabilire ecosistemi autopoietici.
Aiutiamola a farlo. Lasciamole risanare gli “strappi” ricreando i suoi circuiti indispensabili.
Agevoliamo in qualsiasi modo l’immensità dei processi fondamentali, consci del fatto che finché avvengono l’organismo Terra è ancora in grado di rigenerarsi.
Ogni volta che alcune radici, fino agli apparati radicali più minuscoli, infittiscono lo spazio del manto del terreno, o che un tappezzante riveste una superficie, possiamo assistere al miracolo del tessuto terrestre che recupera spazio, in una complessità sensata, osmotica e capillare di processi trasmutativi, necessari per la vita dell’intero pianeta (simile al ricucirsi dell’epidermide dopo una ferita).
Partecipiamo piantando alberi, arbusti, prati e restituendo più spazio possibile al suolo libero di esprimersi.
Osservando da lontano la Terra è come se in certi punti non ci fosse più circolazione sanguigna e linfatica e fosse sparito il tessuto epiteliale soppiantato da strade di cemento e palazzi e altre strutture: come fossero cicatrici sintetiche che non hanno niente in comune con la biologia, la fisica, la logica e la bellezza della trama della Vita.
(costruiamo solidi fluidi)
La Natura è estremamente funzionale, rigenerativa e sinergica. Cambia scala, ma la sostanza resta simile e le forme -manifestazioni dell’energia vitale- ricorrenti e traducibili in un preciso linguaggio. Siamo riusciti a identificare molte geometrie, distanze, proporzioni e a renderci conto che possiamo tradurle in strumenti progettuali grazie a due numeri irrazionali: il Pi greco e il Phi. Cerchio e Spirale.
La questione che mi preme portare all’attenzione rispetto alla proporzione aurea è che entrambi i numeri ci parlano di rapporti non di misure.
Nella famosa serie di Fibonacci, ad esempio, il Phi si attesta nel rapporto tra elementi consecutivi man mano che la successione avanza. Il collegamento aureo, del resto, è presente per qualunque serie di numeri in cui un termine sia uguale alla somma dei due precedenti indipendentemente dai due elementi di partenza. I singoli numeri estrapolati dalla serie non hanno più valore di una foglia tolta dall’albero. Un’ulteriore conferma, matematica, del fatto la magia della vita risieda proprio nel contesto; in quella continua relazione armonica tra i vari componenti, che sono funzioni integranti e inscindibili di un olos, e per questo in grado di continue trasmutazioni sinergiche.
Una complessità sistemica che troviamo a tutte le scale di osservazione. Dal microcosmo al macrocosmo osserviamo rapporti aurei, senza soluzione di continuità, traducibili grazie a Pigreco e Phi.
Se confrontiamo una galassia a spirale con un foraminifero, un organismo unicellulare microscopico, troviamo lo stesso identico disegno, una spirale logaritmica aurea.
Un albero e un polmone hanno una struttura molto simile; un tronco che si divide prima in due e poi sviluppa rami più piccoli, con esatte biforcazioni, fino a foglie o alveoli.
Sarà una coincidenza che entrambi siano preposti al processo di trasformazione e scambio di ossigeno/anidride carbonica?
La Natura “progetta” rispettando una traccia precisa che possiamo imparare ad usare.
Conoscendo le conformazioni del tessuto del pianeta e utilizzando le sue texture funzionali, agevoliamo il ripristinarsi della trama primordiale e smettiamo di violentare, a caso, la sua “pelle”.
Lo scopo della progettazione aurea è proprio mantenere, dove ancora esiste, e ripristinare, dove è stata interrotta, la texture energetica dell’organismo di cui siamo parte.
La Natura, abbiamo visto, tende a creare ecosistemi in grado di automantenersi, nella più complessa e funzionale espressione di rete frattale. Nell’ecosistema la rete è condivisa da diverse specie, esattamente quelle necessarie al suo mantenimento/evoluzione.
Con la Progettazione Aurea possiamo migliorare ciò che è costruito ed edificare il nuovo riproducendo le forme che riportano gli stessi parametri fisici, strutturali e di conseguenza energetici, delle conformazioni biologiche. Le nuove abitazioni, così concepite, non sono più sistemi isolanti, isolati e anomali rispetto al contesto, ma veri e propri ibridi bio e tecno-logici al servizio del piccolo ecosistema che andranno a implementare, nel rispetto di quello più grande in cui sono inseriti.
Solo accordi armonici per creare habitat sinergici sia con l’ambiente esterno che con gli abitanti: adatti alla vita per forma e materiali. L’energia del pianeta può (e deve) tornare a essere il nostro alimentatore primario, anche all’interno degli edifici.
Tutto è casa o niente lo è. Occuparsi di un quadratino di spazio come se fosse, in qualche modo, autonomo e non influente sul resto del sistema, non è più una modalità possibile.
Crederlo è letteralmente un falso ideologico, un inganno nel quale non dovremmo più permanere. Abbiamo già prodotto molti danni, continuando a ignorare le relazioni spaziali e causali del sistema vivente di cui facciamo parte. (Basta conigli in Australia)
Utilizzando il filtro bio-logico e tenendo conto degli 8 settori descritti possiamo attuare degli interventi a breve, medio e lungo termine.
Breve:
− Circondiamoci di terrestri viventi in grado di aiutarci a trasmutare l’energia dei nostri
ambienti. Piante soprattutto, così da non essere i soli a portare energia vitale all’interno
degli spazi che frequentiamo maggiormente.
− Riempiamo i nostri ambienti di elementi aurei che possano svolgere la funzione del
diapason e aiutare i nostri strumenti a ritrovare l’accordatura.
Medio:
− Ristrutturiamo appartamenti ed edifici, in modo consapevole utilizzando forme e logiche auree, eco-compatibili.
− Utilizziamo solo materiali naturali, ad esempio cappotti termici in canapa.
− Creiamo con arredi aurei dei luoghi armonici, così da avere “nidi” in cui riaccordarci.
− Costruiamo il nuovo facendo in modo che possa avere i confini di una membrana cellulare, che protegge restando in connessione con l’esterno e l’interno.
− Rispettiamo la trama energetica del pianeta, inserendo nel terreno i nostri edifici con grazia e facendo in modo che restino permeabili all’energia vitale.
− Adottiamo delle strategie di condomini a più specie, permettendo agli abitanti del suolo di continuare a vivere indisturbati sotto e sopra le nostre abitazioni. L’uomo può occupare una porzione di terreno restituendola sul tetto del suo edificio.
Lungo:
− Ripensiamo un’urbanistica interamente aurea continuando l’opera ingegneristica da sempre in atto sul nostro pianeta.
Osservando come un bosco si espande, come una conchiglia cresce, come un germoglio dispone le proprie foglie e grazie agli ultimi 25 anni di sperimentazioni, ho messo a punto degli strumenti per progettare in sintonia con la Natura.
Ho scritto un libro divulgativo, “Progettazione Aurea – Forma e Funzione della Bellezza Universale”, per spiegare questa tecnica; in seconda edizione si avvale del prezioso contributo scientifico (nel senso più sano del termine) del ricercatore Paolo Renati “La Legge Aurea della vita”. Nelle conclusioni riporta: “Quando ci muoviamo in un ambiente naturale- che sia tra le dune del deserto, sulle sponde di un torrente, nel bel mezzo di una foresta, sulla battigia di una spiaggia – ci troviamo sempre in un contesto che rispecchia questa autosimilarità col vivente. Progettare con questo criterio, come Cinzia ci ha mostrato, è una delle prime grandi rivoluzioni per tornare alla Vita”
Riporto anche un contributo di Mauro Sartorio, di 5LB Magazine, tratto dall’articolo del 29.06.2023: “La Natura è biodiversità e abbondanza che, tradotto nel suo linguaggio, è FORESTA.
La vita desidera niente altro che riempire il mondo e, se tu umano che ne fai parte vuoi collaborare con lei per trarne il massimo giovamento, non puoi che assecondarla e aiutarla riproducendo sistemi agroforestali.”
Ognuno di noi fa del suo meglio, nel suo essere un nodo influente nella trama dell’esistenza.
Uniamo le maglie.
Grazie
Cinzia Valente
Autore dell’articolo
Articoli della Redazione di VITA
Privacy Policy - Cookies Policy
Movimento Politico VITA - sede Legale in Bassano del Grappa - Viale 11 febbraio n. 13 - 36061 - CF 96539230589
2022 Copyright© Tutti i Diritti riservati
Privacy Policy
Cookie Policy