MIrella Santamato e le trappole invisibili

Uscire dalle trappole invisibili per imparare ad amare

Credo che una delle maggiori fonti di dolore che tutti incontriamo nella nostra vita scaturisca dalla
difficoltà dei rapporti d’amore, visto che a scuola e poi durante tutta la vita ci insegnano di tutto,
dalla matematica alla fisica, dal latino all’astronomia, ma mai quella strana materia chiamata
“amare”. O abbiamo la fortuna che almeno uno dei nostri genitori sappia trasmettere in modo chiaro
questa capacità, o siamo, in qualche modo, segnati per la vita. Inoltre è comunque necessario che
noi, anche nella migliore delle due ipotesi, riusciamo a fare tesoro di quel prezioso insegnamento,
oppure la strada verso la nostra completezza dovrà passare attraverso molti tentativi maldestri e
dolorosi.
Eppure amare dovrebbe essere uno stato umano talmente comune e sotto gli occhi di tutti, che viene
da sorridere a pensare di aver detto qualcosa di originale. Proprio quest’ultima riflessione inizia a
farci percepire quanto siamo stati allontanati, nei secoli, dal nostro primitivo stato di salute, cioè lo
stato originario dell’amare e dell’essere amati. In questo modo cominciamo a delineare i primi
contorni di questa “malattia” invisibile, ma mortale.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che, proprio quando i sintomi di una malattia diventano talmente
gravi da diventare cronici e irreversibili, scatta la prima trappola: non si cercano più cure.
Semplicemente si prende atto della cosa e si cerca di convivere alla meno peggio con il problema
stesso. In questo caso l’ignoranza e la vigliaccheria vanno a braccetto.
Tutto questo stato di cose si è protratto talmente a lungo, per secoli e per millenni, che abbiamo
semplicemente perso di vista l’origine della faccenda, se mai se ne possa ricercare una sola.

Abbiamo semplicemente disimparato a amare spontaneamente. E non ce ne siamo neanche accorti.

Lo abbiamo dato per scontato, anzi, abbiamo imparato benissimo il suo contrario, cioè a non amare.
Eppure ogni qualvolta c’è un sintomo (la gravità, per ora, non ci interessa) vuol dire che da qualche
parte, in qualche tempo lontano, è iniziato un processo degenerativo che ha portato al disperato,
cronico stato attuale. La scienza ci ha abituato a pensare in questo modo e il metodo scientifico si è
sempre, alla lunga, rivelato il migliore.
Non credo che una “malattia dell’animo” si comporti in modo diverso dalle malattie fisiche,
mutatis mutandis. Quindi, anche la grave malattia che riguarda il rapporto amoroso tra uomo e
donna non si discosta dallo stesso meccanismo.
Dove e quando, allora, è iniziato il fatidico, tremendo e dilagante processo degenerativo?
Talmente in là nel tempo che ne abbiamo perso completamente le tracce. Quanto dobbiamo andare
indietro nel tempo per ritrovare una salute perduta? E poi, c’è mai veramente stata?
Queste domande sono legittime e hanno scoraggiato sempre più, di secolo in secolo, chi ha voluto
avventurarsi sul terreno infido della ricostruzione di quest’anamnesi. È sembrato più comodo adagiarsi nella cronicità della malattia, e “rassegnarsi” a una vita un po’ grigia e monotona, ma, dopo tutto, sicura e al riparo dalle sorprese. Eppure il dolore, imperterrito, ha continuato a battere e a pulsare, come a ricordarci sempre la sua esistenza, al di là degli ottundimenti perpetrati dalle nostre paure e dalle mille droghe e palliativi che l’essere umano ha cercato, via via nel tempo, di costruirsi. Un dolore lancinante ha continuato a spaccare i cuori delle persone, a creare malattie tremende, suicidi e omicidi a non finire. La mancanza d’amore è all’origine di tutti i mali umani, al di là della forma che prendono.
Pur tuttavia, preferiamo far finta di niente e continuare la nostra strada d’ ignoranza. Nascondiamo
il capo sotto la sabbia e preferiamo dare la colpa ad altri, al destino avverso o alla società ottusa.
Chi si prendesse la briga di ricostruire tutto il percorso inverso verrebbe considerato un po’ matto.
In definitiva un rompiscatole.

In fondo, non siamo nati per soffrire?

Evidentemente appartengo anch’io a questa categoria, visto che cercherò in queste pagine di
ricostruire passo dopo passo, errore dopo errore il lungo cammino che ha portato gli uomini e le
donne così lontani tra loro e da loro stessi
, addirittura, per molti versi, nemici e rivali laddove sono
stati creati per amarsi e comprendersi totalmente.
Chi si sente di appartenere a questa eletta schiera (quella dei rompiscatole, in ultima analisi, come
me) mi segua in questo difficile cammino di risveglio e di consapevolezza. Come tutti i percorsi
molto lunghi e faticosi, si presuppone che i “rocciatori” abbiano alle spalle un lungo allenamento a
camminare su terreni impervi e sdrucciolevoli, senza mai perdere di vista la vetta agognata. Risalire
al primo sassolino di una valanga non è facile. Non ho certo la presunzione di poterlo fare con le
mie povere forze fino a quell’unico, primigenio “sassolino” nei ragionamenti che seguiranno, ma
solo di mostrare alcune linee di sentieri poco battuti che possano indicare una qualche vetta.

Ogni nuovo cammino presuppone molto amore e attenzione per chi ha le gambe “allenate” e per chi
non le ha.

Nel mondo dello sport è essenziale tutelare chi non è allenato abbastanza e, per il suo bene, è necessario dirottarlo con dolcezza, ma in modo fermo, su sport meno pericolosi o faticosi. Ognuno giudichi se stesso serenamente e poi decida se proseguire o no questo tipo di lettura.
Per “gambe allenate” intendo persone già libere da molti pregiudizi e luoghi comuni che impediscono alla mente di spaziare in posti sconosciuti e vergini. Andate avanti nella lettura solo se vi sentite pronti.
Con amore e non certo per presunzione, vi invito a riflettere e a capire che queste pagine sono
vietate ai minori di anni evolutivi diciotto. Visto che la legge pone il raggiungimento dell’età adulta
a diciotto anni, e solo a quella età si è considerati responsabili a tutti gli effetti delle proprie azioni,
ritengo si possa far un parallelo simile ad un altro livello. Sul livello “evoluzione” non importano
gli anni anagrafici. Possono esistere persone di sessanta anni con livelli evolutivi bassissimi e,
viceversa, trentenni molto evoluti. Mi riferisco, quindi, nel primo caso, a tutte quelle persone che
non possono abbandonare lo stato di apparente sicurezza dato dalla tradizione tramandata dai padri
(le madri non hanno mai parlato) e si adagiano in comode giustificazioni e ragionamenti. Chi crede
che non ci sia nulla da fare, in fondo, e che le cose saranno sempre così, sono persone che
hanno deciso, almeno in questa incarnazione, di non incamminarsi in un percorso di conoscenza,
con tutti i rischi e i pericoli che esso comporta.

Il rispetto per questa scelta è d’obbligo, ma non la condivisione.

Molto spesso queste persone vengono definite, ironia della sorte, benpensanti. Sull’umorismo del
prefisso si potrebbe scrivere un altro capitolo, ma non è questa la sede. Queste pagine per loro saranno impossibili da leggere: o si arrabbieranno dicendo che sono tutte stupidaggini o, nella miglior delle ipotesi, le riterranno pagine inutili.
D’altra parte è logico che, se si ignorano le cause di una malattia, bisognerà andare per strade
“ignote”, quindi non conosciute
e per affrontare l’ignoto ci vuole la forza e il coraggio di rimanere
aperti di fronte, appunto, a ciò che non conosciamo e che spesso può fare paura. L’ignoto più
difficile da recepire non è rappresentato dall’esplorazione di una cima inviolata, né dalla vista di
luoghi inesplorati, bensì da un pensiero diverso dal solito. Il coraggio più grande è rappresentato
dall’accettare di vedere le cose da un altro punto di vista.
Abbiamo detto all’inizio che la diffusa cronicità del problema, che è sotto gli occhi di tutti, ci
obbliga ad andare a ricercarne le cause molto indietro nel tempo, quasi all’inizio del tempo stesso.
Prima di addentrarci nell’esplorazione, è necessario fare una premessa: in questi articoli non si
tratteranno i problemi dal punto di viste evoluzionistico o darwiniano, perché non è da questo punto
di vista che si muove la ricerca stessa. La Natura è perfetta nel suo mistero e nella sua bellezza e
non ha niente a che fare con le distorsioni e le sovrapposizioni arbitrarie e deleterie immesse nel
nostro inconscio collettivo dalla Storia e dalla Cultura così come ci sono state tramandate nei
millenni.
La “malattia” di cui voglio trattare è un problema che riguarda esclusivamente la nostra tradizione
europea
, la nostra cultura occidentale e soprattutto quei dettami non scritti e quasi mai verbalizzati,
ma di cui tutti noi sentiamo la ferrea morsa, che ci impediscono di avere rapporti aperti e
soddisfacenti con l’altro sesso. La cultura ha molta più forza di quello che comunemente si crede,
avendo la facoltà di modellare la realtà nel tempo. E più è antica la cultura, più ha avuto modo di
creare una pseudo-realtà granitica e massiccia.
Noi europei siamo eredi di una cultura molto antica
(una delle più antiche del mondo) e di questo dobbiamo essere consapevoli per iniziare
l’esplorazione.

To be continued…

Brano liberamente tratto dal libro “LA TRAPPOLA INVISIBILE “della stessa autrice www.mirellasantamato.net